Showboat, la vita di Kobe Bryant by Roland Lazenby

Showboat, la vita di Kobe Bryant by Roland Lazenby

autore:Roland Lazenby
La lingua: ita
Format: epub
editore: 66thand2nd
pubblicato: 2017-11-07T16:00:00+00:00


22. Campane nuziali e tristezze assortite

Kobe Bryant aveva sempre fatto un figurone nei camp dell’Adidas. Pur essendo una persona piuttosto riservata, aveva un fantastico carisma naturale e il suo entusiasmo per il gioco faceva presa sui giovani. Se erano abbastanza grandi e in campo se la cavavano, lui li metteva alla prova per vedere se erano all’altezza di sfidarlo. Se erano troppo piccoli, giocava con loro, scherzando e improvvisando gare di tiro e altri giochi.

Da quattro anni, ormai, la casa madre tedesca dell’Adidas lo portava in giro per il mondo ed era molto soddisfatta del contributo di Bryant alla guerra per strappare quote di mercato alla Nike. Il titolo vinto dai Los Angeles Lakers avrebbe incrementato ancora di più la potenza della sua immagine. Era ormai entrato a far parte di una ristretta élite di testimonial sportivi ed era comprensibile che la società si sentisse avviata verso quella terra promessa di cui parlava sempre il presidente Peter Moore, in cui i registratori di cassa avrebbero squillato senza posa nel mercato globale. Adidas era destinata a raggiungere grandi traguardi.

Anche Vaccaro era assai soddisfatto del proprio lavoro per la compagnia, dal momento che sia Bryant sia Tracy McGrady erano lanciatissimi nelle rispettive carriere ed erano considerati forse le due figure più carismatiche dell’orizzonte cestistico contemporaneo. Non erano Michael Jordan. Nessuno poteva esserlo. Ma ne erano «gli eredi», e quelle due scommesse erano andate così bene che Adidas aveva offerto a Vaccaro un contratto di collaborazione a vita.

Il futuro, insomma, si presentava molto luminoso.

O almeno così sembrava fino all’Abcd Camp di Vaccaro, nel­l’estate del 2000, alla Fairleigh Dickinson University, nel New Jersey. Fu allora che cominciarono i guai seri, proprio in quella che per Bryant era stata la rampa di lancio per il basket che conta.

«Veniva al camp per parlare ai ragazzi,» ricorda un’amica di famiglia che a sua volta collaborava con Adidas «ed erano tutti molto eccitati. Adidas era il nostro sponsor, e i ragazzini erano fuori di sé dalla gioia per la presenza di Kobe».

Bryant, che era sempre puntualissimo, non giunse però all’orario della sua presunta apparizione. Lo staff dell’Adidas sapeva che si trovava in zona perché c’era stata un po’ di agitazione al suo hotel quando la sua nuova fidanzata aveva criticato la sistemazione proposta da Adidas.

«Andavamo sempre tutti all’Hilton di Hasbrouck Heights, che era molto comodo,» spiega l’amica «ma lei rifiutò quella sistemazione. Scelsero invece di alloggiare a Manhattan, al Four Seasons, mi pare. Lei non volle saperne di alloggiare a Hasbrouck Heights».

Con i ragazzini del camp che attendevano impazienti di vedere il grande Kobe Bryant, lo staff cercò freneticamente di rintracciarlo. «Aspettammo a lungo» ricorda l’amica. «Erano in ritardo di circa venti minuti, poi trenta, poi un’ora, un’ora e mezza, due ore. Niente, nessuna notizia. Cercavamo di capire cosa diavolo fosse successo. Venne fuori che lui e la ragazza avevano litigato di brutto. Lei non voleva che ci andassero, e non voleva neppure che ci andasse lui da solo. Stiamo parlando di una grossa azienda che gli dava un mucchio di soldi, e lui non poteva non presentarsi.



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